La platessa surgelata è uno dei pesci più acquistati nei supermercati italiani. Pratica, economica e relativamente magra, rappresenta per molte famiglie un’alternativa veloce al pesce fresco. Dal punto di vista nutrizionale può essere una scelta valida, soprattutto perché parliamo di un pesce di piccola taglia con un contenuto di mercurio rispetto ai grandi predatori marini come tonno o pesce spada decisamente inferiore. Eppure dietro quella confezione trasparente si nasconde un aspetto poco noto: la tabella nutrizionale stampata sulla scatola racconta solo una parte della storia, perché si riferisce quasi sempre al prodotto crudo e non a quello che finisce davvero nel piatto.
Valori nutrizionali: quello che leggete non corrisponde a quello che mangiate
Quando comprate platessa surgelata, la prima cosa da fare è leggere attentamente l’etichetta. Nella maggior parte dei casi i valori riportati si riferiscono al prodotto crudo per 100 grammi. Questa prassi è coerente con la normativa europea sull’etichettatura, che prevede che i valori nutrizionali siano indicati per 100 g o 100 ml di alimento come venduto.
Durante la cottura però il pesce perde acqua per evaporazione, e di conseguenza i nutrienti per 100 g di alimento si concentrano. Anche se la quantità assoluta di nutrienti nella porzione non aumenta, la densità per 100 g cambia in modo significativo. I database nutrizionali ufficiali mostrano proprio questo fenomeno: per molti pesci il contenuto di proteine, grassi e minerali per 100 g aumenta nel prodotto cotto rispetto al crudo proprio per la perdita di acqua.
In termini pratici, se 100 g di platessa cruda contengono circa 80 mg di sodio, dopo la cottura la stessa porzione cotta da 100 g può riportare un contenuto di sodio più elevato per effetto della minore acqua presente. Il grado di concentrazione dipende dal metodo di cottura, dalla temperatura e dal tempo di preparazione.
La trasformazione invisibile durante la cottura
Il fenomeno della concentrazione riguarda tutti i nutrienti: proteine, grassi, minerali e calorie. Per chi segue diete ipocaloriche o deve monitorare l’apporto di sodio, come chi soffre di ipertensione o patologie cardiovascolari, calcolare le calorie e i nutrienti solo sui valori del prodotto crudo può portare a una sottostima del contenuto reale nel piatto. Le linee guida nutrizionali raccomandano infatti di fare riferimento, quando possibile, a valori riferiti all’alimento nello stato in cui viene effettivamente consumato.
Il caso del sodio e degli additivi nascosti
Il sodio merita un’attenzione particolare quando si parla di prodotti ittici surgelati. Molti vengono trattati con una glassa protettiva, uno strato di ghiaccio che ricopre il prodotto per limitarne la disidratazione durante la conservazione. La normativa europea consente che nella glassa o nel prodotto siano presenti additivi come polifosfati (E450), trifosfati (E451) e altri fosfati, che hanno la funzione di trattenere acqua nelle proteine muscolari e migliorare resa e consistenza.
Questi additivi non sono sale da cucina, ma sono sali di fosfato che contribuiscono al contenuto totale di sodio del prodotto. La loro presenza può essere rilevante per chi deve controllare l’apporto di sodio o di fosforo. Per legge devono comparire in etichetta nella lista ingredienti, ma molti consumatori non si rendono conto che questi ingredienti incidono sull’apporto di sodio totale.
Panature e rivestimenti: l’insidia delle calorie nascoste
La situazione cambia radicalmente quando si acquistano filetti di platessa panati o impanati. In questi prodotti la panatura può rappresentare una quota consistente del peso totale, spesso tra il 25% e il 40% a seconda della ricetta industriale. Questa componente incide in modo significativo su diversi aspetti nutrizionali.

- Carboidrati provenienti da farine e amidi raffinati usati per la panatura
- Grassi derivanti da oli utilizzati per la prefrittura industriale, con un contenuto nettamente superiore rispetto al filetto non impanato
- Sale aggiunto nella panatura per aumentarne la sapidità
- Additivi come agenti lievitanti, emulsionanti e miglioratori di consistenza
In etichetta i produttori devono indicare se i valori nutrizionali si riferiscono al prodotto tal quale o al prodotto cotto secondo le istruzioni. Nella pratica però il consumatore può interpretare in modo superficiale questi dati senza considerare quanto la panatura contribuisca realmente a calorie, grassi e sale.
Come difendersi con un acquisto più consapevole
La prima strategia è la lettura comparativa delle etichette. Verificate se i valori nutrizionali sono espressi per 100 g di prodotto crudo o cotto. Controllate sempre la lista ingredienti: la presenza di additivi come E450, E451 ed E452 indica l’uso di fosfati per trattenere acqua, con potenziale impatto su contenuto di sodio e fosforo. Questi additivi non rendono automaticamente il prodotto di scarsa qualità, ma segnalano un maggior grado di trasformazione rispetto a un semplice filetto di pesce senza additivi.
Peso sgocciolato e glassa: quanto pesce c’è davvero nella confezione
Un altro aspetto cruciale è la differenza tra peso netto e peso sgocciolato nei prodotti surgelati glassati. La glassa può rappresentare una quota rilevante del peso dichiarato. La normativa europea prevede che il peso netto del prodotto non includa la glassa, oppure che venga indicato il peso netto sgocciolato.
In pratica una confezione da 400 g può contenere una quantità effettiva di pesce inferiore se una parte del peso è costituita dalla glassa. Percentuali di glassatura tra il 10% e il 25% sono documentate in controlli di mercato su prodotti ittici surgelati. Imparare a individuare in etichetta il peso sgocciolato permette di calcolare il reale prezzo al chilo del pesce effettivo e confrontare correttamente prodotti diversi.
Cosa potete legittimamente pretendere dai produttori
Una maggiore trasparenza passa attraverso tabelle nutrizionali più dettagliate, che riportino i valori per 100 g di prodotto come venduto e, quando opportuno, i valori per 100 g di prodotto cotto secondo un metodo standardizzato. Alcune aziende già forniscono valori dopo cottura per prodotti specifici come bastoncini di pesce o filetti impanati.
Come consumatori è pienamente legittimo preferire prodotti che dichiarano chiaramente peso sgocciolato, presenza e quantità di glassa, presenza di additivi. Potete anche contattare il servizio clienti per chiedere chiarimenti. Ogni volta che selezionate un prodotto più trasparente rispetto a uno opaco, inviate un segnale al mercato che premia le aziende virtuose e penalizza quelle che puntano sulla confusione informativa.
La platessa nella dieta equilibrata
La platessa surgelata può essere una buona opzione nella spesa settimanale, specialmente perché è un pesce magro o moderatamente magro e appartiene alle specie di piccola taglia con livelli di mercurio tendenzialmente più bassi rispetto ai grandi predatori marini. Numerosi pareri scientifici sottolineano che un consumo regolare di pesce, da 1 a 4 porzioni a settimana privilegiando specie con basso contenuto di metilmercurio, è associato a migliori esiti dello sviluppo neurologico nei bambini e a una riduzione del rischio di coronaropatie negli adulti.
Leggere l’etichetta in modo critico richiede pochi minuti ma consente scelte più informate e coerenti con i propri obiettivi di salute. Controllare lo stato del prodotto, la presenza di glassa e additivi, il rapporto tra pesce e panatura sono accortezze che possono fare la differenza tra un acquisto consapevole e uno fatto alla cieca. Il vostro benessere vale certamente questo piccolo investimento di tempo e attenzione.
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