Quando un figlio raggiunge l’età adulta, i genitori si trovano davanti a un dilemma complesso: da un lato il rispetto della sua autonomia e privacy, dall’altro la preoccupazione legittima per comportamenti online che potrebbero compromettere la sua reputazione, sicurezza o futuro professionale. A differenza degli adolescenti, i giovani adulti non possono essere semplicemente “controllati”, eppure continuano a esporsi a rischi concreti attraverso un uso superficiale dei social media. Questa situazione genera frustrazione in entrambe le parti: i genitori si sentono impotenti, i figli percepiscono l’intervento come invadente.
Perché i giovani adulti sottovalutano i rischi digitali
La generazione cresciuta con gli smartphone sviluppa spesso una falsa confidenza con la tecnologia. Saper usare un’app non significa comprenderne le implicazioni a lungo termine. Secondo diverse indagini del Pew Research Center, una quota consistente di giovani adulti riferisce di aver pubblicato online contenuti di cui in seguito si è pentita, e molti dichiarano preoccupazione per l’uso dei propri dati personali ma continuano a condividere informazioni sensibili sui social media. Il problema non è la mancanza di competenze tecniche, ma di consapevolezza delle conseguenze.
Studi di psicologia dello sviluppo mostrano che lo sviluppo completo della corteccia prefrontale, area coinvolta nel controllo degli impulsi, nella pianificazione e nella valutazione dei rischi, prosegue fino alla giovane età adulta, intorno ai 25 anni, mentre i sistemi emotivi sono già maturi prima. Questa asimmetria può favorire comportamenti impulsivi anche in ambito digitale.
I giovani adulti vivono in una dimensione dove la validazione sociale passa attraverso like e commenti, creando una dipendenza emotiva che può offuscare il giudizio critico. Condividere momenti personali, opinioni controverse o immagini compromettenti diventa automatico, senza considerare che il digitale non dimentica. Quello che pubblicano oggi può essere trovato da futuri datori di lavoro, partner o persino utilizzato contro di loro in contesti legali.
I pericoli concreti che i genitori percepiscono
Le preoccupazioni genitoriali non sono infondate. Il furto di identità e le truffe rappresentano il primo rischio: condividere informazioni personali come posizione in tempo reale, dettagli su viaggi o dati sensibili espone a malintenzionati sempre più sofisticati. Le agenzie di sicurezza informatica sottolineano che informazioni apparentemente innocue sui social possono essere usate per furto d’identità , stalking e social engineering.
I danni reputazionali costituiscono un’altra minaccia concreta. Contenuti inappropriati possono precludere opportunità lavorative: un’indagine ha rilevato che circa il 70% dei datori di lavoro esamina i profili social dei candidati prima di assumere, e una quota significativa ha dichiarato di aver escluso candidati a causa di contenuti trovati online.
I social facilitano anche contatti con persone che possono manipolare emotivamente o finanziariamente i giovani. Studi su grooming online, catfishing e truffe romantiche mostrano che i giovani adulti sono tra i gruppi esposti a forme di manipolazione relazionale e finanziaria mediate dai social network. Infine, condividere problemi personali, relazionali o di salute mentale può essere utilizzato contro di loro o creare un’immagine distorta nel tempo.
Perché l’intervento diretto genera conflitto
Quando i genitori provano a fare la ramanzina su questi temi, spesso ottengono l’effetto opposto. Il giovane adulto percepisce l’intervento come un attacco alla sua autonomia appena conquistata. La reazione tipica è difensiva: “Non capisci come funzionano i social”, “Sono adulto, so cosa faccio”, “Ti stai preoccupando per niente”.
Questa dinamica crea un muro comunicativo dove il contenuto del messaggio, per quanto valido, viene respinto a causa della forma. In psicologia della comunicazione è ben documentato che i messaggi percepiti come giudicanti o controllanti attivano resistenza, soprattutto nelle fasi in cui l’autonomia è un compito evolutivo centrale come nella tarda adolescenza e nella giovane età adulta. Il problema non è necessariamente cosa diciamo, ma come e quando lo diciamo.
Strategie efficaci per aprire un dialogo costruttivo
La chiave sta nel trasformare la preoccupazione in conversazione, non in imposizione. Gli esperti di psicologia familiare suggeriscono approcci che dimostrano efficacia concreta nel favorire il dialogo tra genitori e figli adulti.
Condividere esperienze, non giudizi
Invece di criticare direttamente, raccontate episodi reali di persone che hanno subito conseguenze negative. Gli esseri umani apprendono meglio attraverso le storie che attraverso le lezioni morali: numerosi studi sulla comunicazione persuasiva mostrano che gli esempi narrativi facilitano l’identificazione e riducono la resistenza rispetto ai messaggi puramente normativi. Parlate di casi di cronaca, di conoscenti, di situazioni concrete senza stabilire un parallelo diretto con il comportamento del figlio. Questo consente di discutere i rischi mantenendo una distanza che li fa sentire meno attaccati personalmente.

Chiedere il loro punto di vista
Provate un approccio genuinamente curioso: “Ho visto che molti giovani condividono foto in tempo reale quando sono in vacanza. Tu cosa ne pensi dei rischi? Come ti proteggi?”. Questa domanda aperta li porta a riflettere autonomamente senza sentirsi giudicati. Secondo il metodo dell’Intervista Motivazionale, sviluppato da William R. Miller e Stephen Rollnick, le persone sono più propense a cambiare quando sono loro stesse a formulare le ragioni del cambiamento, piuttosto che quando vengono solo istruite dall’esterno.
Proporre un patto di reciprocitÃ
Suggerite di revisionare insieme le impostazioni di privacy, sia le loro che le vostre. Questo crea un senso di collaborazione piuttosto che di sorveglianza. Interventi educativi sulla sicurezza online che coinvolgono genitori e figli come co-esploratori del digitale mostrano una maggiore accettazione e una migliore interiorizzazione delle buone pratiche rispetto agli approcci puramente prescrittivi. Potreste scoprire che anche voi avete impostazioni rischiose, dimostrando che il tema riguarda tutti, non solo loro.
Quando preoccuparsi davvero e come agire
Esistono situazioni che richiedono un intervento più deciso. Se notate che vostro figlio condivide informazioni finanziarie, comunica con profili sospetti che chiedono denaro, pubblica contenuti che potrebbero configurare reati o mostra segni di manipolazione emotiva, è necessario agire con maggiore fermezza.
In questi casi, documentate con screenshot senza accusare, e presentate i fatti: “Ho visto questo post e mi preoccupa perché potrebbe esporre i tuoi dati bancari” è diverso da “Sei irresponsabile”. La prima frase si concentra sul comportamento specifico, la seconda attacca la persona. La letteratura sulla comunicazione non violenta evidenzia che focalizzarsi sui comportamenti e sugli effetti, anziché sulle etichette di valore sulla persona, riduce la reattività difensiva.
Coinvolgere figure terze neutre
A volte il messaggio viene recepito meglio se proviene da qualcuno al di fuori del nucleo familiare. Un mentore, un fratello maggiore, un amico di famiglia che lavora nel settore digitale o una figura professionale come uno psicologo o un educatore digitale possono condividere la stessa preoccupazione in modo che venga percepita come consiglio professionale piuttosto che ansia genitoriale. Studi sulla mediazione familiare mostrano che la presenza di una figura terza percepita come neutrale può facilitare il dialogo e ridurre l’escalation emotiva.
Il ruolo dell’esempio genitoriale
I giovani adulti osservano ancora i genitori, anche se non lo ammettono. La ricerca sull’apprendimento sociale, a partire dai lavori di Albert Bandura, ha dimostrato che il comportamento degli adulti di riferimento funge da modello anche in età successive all’infanzia. Se voi stessi condividete ogni dettaglio della vostra vita online, lamentarvi del loro comportamento risulta ipocrita. Al contrario, dimostrare un uso consapevole e misurato dei social media insegna più di mille parole. L’educazione digitale passa attraverso la coerenza comportamentale.
Ricordate che il vostro ruolo sta evolvendo da protettori diretti a consulenti disponibili. Nella prospettiva del ciclo di vita, la giovane età adulta è una fase in cui l’obiettivo è l’autonomia, mentre il ruolo genitoriale si trasforma progressivamente da controllo a supporto. Il confine è sottile ma fondamentale: non potete più impedire, ma potete ancora influenzare positivamente offrendo prospettive che magari non hanno considerato. La fiducia reciproca rimane il fondamento su cui costruire qualsiasi intervento efficace, specialmente quando si tratta di navigare insieme le complessità del mondo digitale, dove le conseguenze reali di azioni virtuali possono manifestarsi a distanza di anni.
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